Divorzio e pensione di reversibilità: come funziona e come si calcola
La pensione di reversibilità è quella quota della pensione che spetta al coniuge, nel momento in cui la persona che ne è titolare dovesse decedere.
Ma cosa accade quando i coniugi sono divorziati? Qual è il rapporto tra divorzio e pensione di reversibilità?
Che cos’è la pensione di reversibilità?
Da un punto di vista tecnico giuridico, la cosiddetta pensione di reversibilità è una prestazione economica erogata dall’ Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (conosciuta con l’acronimo INPS) riservata ai superstiti del pensionato.
In questo caso si discorre di reversibilità diretta, istituto parzialmente diverso dalla reversibilità indiretta, che invece viene corrisposta al coniuge superstite del lavoratore deceduto.
Pensione di reversibilità al coniuge divorziato
Una volta inquadrato da un punto di vista giuridico il fenomeno, è fondamentale comprendere chi sono i soggetti a cui può essere devoluta tale prestazione economica.
La legge attualmente in vigore stabilisce che, in caso di morte del pensionato o dell’assicurato, la pensione di reversibilità spetta al coniuge (anche in caso di divorzio o di separazione) e ai figli superstiti.
Tuttavia, è bene fare alcune precisazioni. Con l’entrata in vigore della Legge 20 Maggio del 2016 n. 76, a decorrere dal 5 Giugno del 2016, il diritto alla reversibilità viene esteso anche in favore dei componenti superstiti delle unioni civili.
Fatte le debite precisazioni, occorre individuare le condizioni richieste dalla legge affinché il coniuge superstite possa richiedere la pensione di reversibilità.
La normativa in vigore stabilisce che devono sussistere tre requisiti affinché al coniuge divorziato spetti la pensione di reversibilità:
- che questi percepisca già dall’ex un assegno divorzile periodico (se all’atto del decesso non sussiste diritto all’assegno, o se esso è stato liquidato in un’unica soluzione, la pensione di reversibilità non sarà concessa);
- il coniuge divorziato superstite non deve essersi risposato (la convivenza invece non determina la perdita della reversibilità);
- infine, il lavoro da cui deriva la pensione deve essere anteriore alla sentenza di divorzio. L’importo della pensione di reversibilità viene stabilito rapportando la durata del matrimonio (ivi compreso il periodo di separazione legale, che come sappiamo non comporta ancora l’interruzione definitiva del rapporto matrimoniale) e il periodo di maturazione della pensione del defunto.
Questo il rapporto tra divorzio e pensione di reversibilità nel caso in cui il coniuge defunto non si sia legato con un nuovo vincolo matrimoniale ad un’altra persona, per cui l’intero importo della reversibilità spetterà all’ex.
Ma nel caso in cui questo sia accaduto, e ci siano state nuove nozze?
In questo caso la pensione di reversibilità spetta tanto all’ex coniuge quanto a quello nuovo, secondo una ripartizione che tiene in considerazione non solo la durata dei rispettivi matrimoni, ma anche lo stato di bisogno dei singoli superstiti (le relative condizioni economiche e reddituali).
Quali sono gli atti che consentono all’ex coniuge superstite di richiedere la pensione di reversibilità?
Avanzando apposito ricorso al Tribunale che la concede, una volta stabilita la sussistenza dei tre presupposti precedentemente analizzati e analizzato l’atto notorio allegato.
La Legge sul Divorzio risponde anche alla questione, particolare e delicata, di chi spetti la pensione di reversibilità di un figlio morto per fatti di servizio (ad esempio un figlio dipendente statale deceduto in attività di servizio o militare in servizio permanente o continuativo), qualora essi siano divorziati, stabilendo che la quota va equamente divisa tra i due genitori, e che, a morte di uno dei due, la sua quota verrà assegnata all’altro.
Pensione di reversibilità ai figli
In genere la pensione di reversibilità viene riconosciuta al coniuge superstite, tuttavia, ci sono alcuni casi in cui anche i figli possono richiederla.
La legge infatti impone taluni requisiti connessi all’età, all’inabilità al lavoro, alla capacità economica ecc.
La reversibilità può essere richiesta dai figli (ed equiparati) che alla data del decesso non abbiano compiuto i 18 anni d’età, oppure, indipendentemente dall’età, sono riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore venuto meno.
Per quanto concerne i figli studenti invece, essi hanno diritto ad ottenere la reversibilità nel caso in cui prestino lavoro retribuito dal quale derivi un reddito annuo inferiore al trattamento minimo annuo di pensione definito dall’assicurazione generale obbligatoria maggiorata del 30%.
In tal caso occorre distinguere, gli studenti in generale hanno il diritto di richiedere la reversibilità fino a 21 anni, per gli universitari invece, fino ad anni 26 (e comunque non oltre il corso legale di laurea).
Ai fini della richiesta di reversibilità, nella nozione di figlio vengono compresi sia quelli nati in costanza di matrimonio che non, legalmente riconosciuti, giudizialmente dichiarati.
Sono altresì considerati figli anche coloro che sono nati da un precedente matrimonio. Infine, hanno diritto ad ottenere la reversibilità anche i figli nati dopo che il genitore sia venuto meno, solo nel caso in cui sia nato entro 300 giorni dal decesso.
Come si calcola la pensione di reversibilità
Come sopra anticipato, la pensione di reversibilità corrisponde ad una percentuale della pensione erogata al dante causa alla data del decesso, o comunque, alla pensione che gli sarebbe spettata secondo i contributi versati.
In poche parole, così come è stato anche ribadito dalla Corte Costituzionale, la pensione di reversibilità deve essere calcolata in proporzione alla pensione diretta, integrata al trattamento minimo, già liquidata o che comunque il soggetto avrebbe diritto a percepire.
Divorzio e TFR
All’atto della cessazione di un rapporto di lavoro subordinato, al lavoratore spetta il TFR, ovvero il trattamento di fine rapporto, chiamato anche “liquidazione”. Ma qual è il rapporto tra divorzio e TFR?
Orbene, se il lavoratore è divorziato, versa già all’ex coniuge (che non si sia risposato, mentre è indifferente che conviva o meno) un assegno divorzile, sarà obbligato a consegnare anche una quota della liquidazione (ma solo per quelle successive al 12 marzo 1987, data nella quale tale clausola è stata aggiunta alla legge sul divorzio).
Dunque, la relazione tra divorzio e tfr è garantita solo nel momento in cui l’ex coniuge percepisca già un assegno divorzile periodico (in realtà i parametri per l’assegno divorzile sono stati recentemente modificati, com’è possibile vedere qui: Cambiamenti di rotta per stabilire l’assegno divorzile) e se il suo stato civile è rimasto libero.
E se, all’atto del divorzio, il TFR non fosse stato ancora maturato, la quota spettante all’ex coniuge viene persa?
Certo che no!
Il TFR può ovviamente maturare prima o dopo la pronuncia della sentenza di divorzio: nel primo caso la quota spettante viene già dichiarata dalla sentenza stessa; nel secondo caso spetta al coniuge interessato avanzare un’apposita istanza al Tribunale affinché il suo diritto sia accertato e riconosciuto (a patto che sussistano i due presupposti di cui sopra).
La quota ammonta al 40% dell’indennità riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio (quindi, non il 40% del TFR totale, ma un periodo che comprende anche l’eventuale durata della separazione legale).
Come richiedere la pensione di reversibilità
L’erogazione della pensione di reversibilità non è automatica, è necessaria infatti una comunicazione esplicita da parte dell’avente diritto nei confronti dell’INPS mediante apposita domanda.
Oggigiorno la richiesta può essere fatta anche direttamente online, è sufficiente infatti collegarsi al sito ufficiale dell’INPS. Nel caso in cui non si è esperti del web, è possibile richiedere la reversibilità anche direttamente presso gli uffici centrali o periferici dell’istituto testè citato oppure presso un caf.
Alla domanda devono essere allegati alcuni documenti: dichiarazione redditi, certificato di morte, stato di famiglia alla data del decesso, dichiarazione concernente il diritto alle detrazioni di imposta e la modalità di pagamento.
Rinuncia alla pensione di reversibilità
La pensione di reversibilità non solo può essere acquistata dall’avente diritto, ma quest’ultimo può anche rinunciarvi nel caso in cui non voglia più usufruirne.
In tal caso, occorre effettuare una dichiarazione scritta presso un notaio, il pubblico ufficiale è tenuto ad attestare nero su bianco i motivi che hanno spinto il soggetto alla rinuncia abdicativa del diritto.
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