Si sta assistendo ad una vera rivoluzione nell’ambito del divorzio, e in particolare del mantenimento conseguente allo scioglimento del vincolo coniugale, in seguito alla sentenza 11504, con la quale si è stabilito un principio innovativo, secondo cui l’assegno di mantenimento va corrisposto esclusivamente in caso di insussistenza di mezzi, ivi compresi quelli derivanti da proprietà, o da oggettiva impossibilità a procurarseli, come in caso di situazioni fisicamente o psichicamente invalidanti che impediscano una qualsiasi attività lavorativa.
A dare avvio alla rivoluzione in questione il divorzio tra un ex ministro e un’imprenditrice, la quale pretendeva che si rivedesse al rialzo l’assegno di divorzio, peraltro già consistente, che le era stato attribuito dai giudici milanesi, a dispetto del fatto che questi sostenessero la riduzione delle sostanze del “fu politico”: orbene la Cassazione, dopo la Corte d’appello, ha ridimensionato le pretese della donna, ritenendo che il parametro del tenore di vita goduto durante il matrimonio non sia più “attuale”.
In definitiva, si è arrivato a sostenere che il divorzio pone fine al matrimonio non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, per cui è necessario superare la concezione patrimonialistica del vincolo coniugale inteso come sistemazione definitiva.
Concezione che, a dire il vero, avevano contribuito a trasformare l’assegno di mantenimento in uno strumento sia ad uso del beneficiario che di colui che lo liquidava, il primo come oggetto riparatore e il secondo come mezzo ricattatorio nei confronti dell’altro. E aveva al contempo concorso a trasformare il matrimonio più in un affare contrattualistico che in una libera scelta all’insegna della condivisione di affetti e progettualità.
Certo, l’esigenza di prorogare il tenore di vita matrimoniale anche dopo la separazione e il divorzio era in passato motivata dalla necessità di salvaguardare la donna che magari, dopo essersi occupata per tanti anni della casa e dei figli, come esattamente accadeva nella famiglia tradizionale, permettendo al marito di lavorare e crescere economicamente, poteva ritrovarsi sola, senza nemmeno esserne responsabile.
Ora che i tempi sono profondamente cambiati, per cui la moglie lavora tanto quanto il marito, o addirittura in certi casi si assiste ad un rovesciamento dei ruoli “standard”, i togati si sono interrogati in merito all’attualità del bisogno che la donna venga ancora tutelata come è accaduto da 27 anni a questa parte: in definitiva si sono chiesti se fosse il caso ancora che un coniuge mantenesse tutta la vita il legame con l’altro, a prescindere dallo stato di bisogno.
Certo, non si tratta di questioni semplici, soprattutto in un Paese come il nostro dove ancora molte donne non lavorano, e la disoccupazione e l’indigenza delle famiglie hanno raggiunto tassi assai elevati: ma la legge ha ritenuto che non fosse più il caso di adottare il principio, ritenuto aprioristico, del “precedente tenore di vita”, dovendosi piuttosto valutare per l’attribuzione dell’assegno divorzile:
- il “possesso” di redditi e di patrimonio mobiliare e immobiliare
- le “capacità e possibilità effettive” di lavoro personale
- “la stabile disponibilità” di un’abitazione.
Assegni di mantenimento eccellenti
A gioirne, tra gli altri, anche Silvio Berlusconi, che non solo ha dovuto versare maxi-assegno da 2 milioni di euro alla sua seconda ex moglie Veronica Lario durante la separazione, ma dal 2015 ha dovuto pure corrisponderle un assegno divorzile mensile di 1,4 milioni di euro, contro il quale il Cavaliere ha fatto ricorso in Appello.
Ha dunque ragione di ben sperare l’ex Presidente del Consiglio da quando la Cassazione si è espressa sul caso dell’ex ministro Vittorio Grilli, anche se, da quanto hanno fatto sapere i legali della Lario, Silvio non solo non pagherebbe da alcuni mesi, ma non avrebbe nemmeno onorato il pagamento dell’assegno di separazione.
E il nostro non è certo l’unico che godrà di questo sconto rispetto all’entità dell’assegno di mantenimento: col suo, tra i divorzi più costosi della storia, figurano anche quelli dell’oligarca russo Dmitry Rybolovlev dalla (ex) moglie Elena liquidata con 4,5 miliardi di dollari, che conquista il primato; quello dell’imprenditore francese e mercante d’arte Alec Wilenstein, che si piazza al secondo posto; e quello di Rupert Murdoch, che con 1,7 miliardi di dollari si piazza al terzo posto col suo addio dopo 33 anni di matrimonio e 3 figli dalla moglie Anna che lo becca in una relazione extraconiugale.
Sentenza giusta?
Se c’è chi sottolinea che questa sentenza innovativa, che pure continuerà ad aiutare il coniuge più debole a vivere dignitosamente, gli permetterà di affrancarsi e autonomizzarsi rispetto al coniuge, il timore francamente che questa decisione porti benefici solo ai più facoltosi esiste…
La realtà è che questa nuova misura di valutazione disconosce il principio sancito dalla legge 898 nel 1970 che ha introdotto il divorzio in Italia: che pure il nostro Paese si stia avviando verso la stessa tendenza degli altri Sati europei nei quali l’assegno divorzile dipende essenzialmente dai patti prematrimoniali?